Indi Gregory da poche ore è cittadina italiana: la bambina inglese di soli 8 mesi sarebbe morta se il Governo italiano non fosse intervenuto concedendole la cittadinanza d’urgenza. La piccola soffre di una patologia mitocondriale, una malattia genetice degenerativa estremamente rara che colpisce il metabolismo energetico delle cellule e interessa il sistema nervoso, il cuore, lo scheletro e i muscoli.
Per i medici del ‘Queen’s Medical’ di Nottingham non ci sono speranze per la povera Indi Gregory, il suo destino è segnato. Una sentenza alla quale il papà, Dean Gregory, la mamma non si sono rassegnati ed hanno portato avanti la loro battaglia in tribunale con i giudici che avevano dato loro torto. Alle 15 di oggi i medici del Queen’s Medical avrebbero dovuto interrompere la ventilazione assistita e la bambina sarebbe morta.
Indi Gregory sarà ricoverata al Bambino Gesù di Roma
Da tempo l’ospedale Bambino Gesù di Roma aveva dato disponibilità a prendere in cura la bambina, tuttavia l’Alta Corte di Londra aveva negato il trasferimento. Non c’era altro modo per trasferire la bambina a Roma se non concedendole la cittadinanza italiana.
Ciò è avvenuto in seguito ad un Consiglio dei Ministri convocato d’urgenza e durato una manciata di minuti. La piccola risponde agli stimoli, sorride, osserva, muove le braccia. Tanto è bastato ai medici del Bambino Gesù per dare la piena disponibilità a prendere in cura la bambina.
Guai, però, a farsi illusioni. La speranza resta flebile, ancorta ad un disperato tentativo che difficilmente avrà un lieto fine se non regalare tempo ai genitori di Indi Gregory.
Nessuna cura per le patologie micondriali
È inutile girarci intorno, per la malattia della povera Indi Gregory non ci sono cure che possano salvarle la vita. La sua condizione è ritenuta gravissima ma esprimere un’opinione su un simile dramma è cosa ardua.
È giusto lasciar decidere delle sorti di una bambina di 8 mesi ai genitori, oppure ad un tribubale? La verità è che non c’è la risposta giusta.
Non c’è nel momento in cui non sei nei panni di un padre ed una madre che mai e poi mai vorrebber vedere la figlia soffrire così come mai e poi mai vorrebbero vedere la figlia morire.
E anche così, la risposta giusta non ci sarebbe. Anzi, di giusto in questa storia non c’è nulla ma soltanto una profonda ingiustizia.
FAQ
Le malattie mitocondriali rappresentano condizioni ereditarie che influenzano il funzionamento energetico delle cellule. Da un punto di vista clinico, la loro manifestazione è estremamente variegata poiché possono coinvolgere qualsiasi parte dell’organismo umano. Solitamente, i sintomi di queste malattie si riscontrano principalmente nei tessuti che richiedono un elevato consumo di energia, come il sistema nervoso centrale, il cuore e i muscoli scheletrici. Le malattie mitocondriali possono comparire a tutte le età, dall’infanzia all’età adulta, con oltre 200 diverse forme che complessivamente colpiscono circa 1 su 5.000 neonati.
I mitocondri svolgono un ruolo fondamentale come centri energetici delle nostre cellule. Attraverso la catena respiratoria, composta da cinque complessi enzimatici, i mitocondri generano l’energia vitale per le cellule sotto forma di una molecola denominata ATP. Dal punto di vista genetico, molte proteine essenziali per il metabolismo mitocondriale sono controllate da due differenti tipi di genomi: il DNA mitocondriale (mtDNA), situato all’interno dei mitocondri e trasmesso dalla madre, e il DNA nucleare, ereditato da entrambi i genitori. Le malattie mitocondriali possono derivare da modifiche genetiche nel mtDNA, con trasmissione materna, o da alterazioni nel DNA nucleare, seguendo i principi dell’eredità mendeliana, che possono comportare trasmissione autosomica recessiva (la forma più comune), dominante o legata al cromosoma X.
Come precedentemente menzionato, le malattie mitocondriali possono influenzare tutti gli organi del nostro corpo e manifestarsi in qualsiasi fase della vita. A volte, queste condizioni possono interessare esclusivamente un particolare organo o sistema, come nel caso della sindrome LHON (neuropatia ottica di Leber), delle forme con encefalopatia epilettica, della sindrome nefrosica (come nei difetti di sintesi del coenzima Q), dell’insufficienza epatica (sindromi da deplezione del mtDNA) o della cardiomiopatia. Più frequentemente, si osserva un coinvolgimento multisistemico, con affezioni di vari organi e sistemi, come epatopatia e encefalopatia (sindrome di ALPERS causata da mutazioni nel gene POLG1) e encefalopatia con episodi simili a ictus associati a disturbi endocrini e della crescita (sindrome MELAS). L’acidosi lattica è una caratteristica comune delle malattie mitocondriali e può rappresentare una causa frequente di scompenso metabolico.
Nell’ambito pediatrico, le malattie mitocondriali più comuni e conosciute includono:
Sindrome di Leigh (che colpisce il sistema nervoso centrale)
Sindrome di Pearson (caratterizzata da anemia, insufficienza pancreatica e acidosi)
Sindrome di Kearns-Sayre (con deficit di crescita e coinvolgimento del sistema nervoso centrale, dell’apparato endocrino, dell’occhio e del cuore)
Sindrome di Alpers (che coinvolge il sistema nervoso centrale e il fegato)
Forme con coinvolgimento multiorgano, interessando fegato, cuore, rene e sistema nervoso centrale
Forme con coinvolgimento di singoli organi, come rene, cuore, fegato, occhi, sistema emopoietico, ecc.
Per il trattamento delle malattie mitocondriali, è essenziale rivolgersi a centri altamente specializzati in quanto queste patologie richiedono l’assistenza di un team multidisciplinare di esperti per garantire un adeguato supporto continuo ai pazienti. La gestione quotidiana dei pazienti affetti da malattie mitocondriali richiede la collaborazione di diversi professionisti, tra cui pediatri, neurologi, neuroradiologi, cardiologi, nefrologi, neuropsichiatri infantili, nutrizionisti, riabilitatori e altri specialisti.
Un controllo accurato delle condizioni cliniche generali è fondamentale poiché questi pazienti possono sperimentare scompenso metabolico e un rapido peggioramento della loro situazione clinica. Attualmente, purtroppo, non esiste una terapia risolutiva per le malattie mitocondriali, con rarissime eccezioni. La notevole variabilità clinica e genetica di tali malattie rende estremamente complesso lo sviluppo di terapie efficaci per diverse condizioni. Nel trattamento delle malattie mitocondriali, si fa spesso ricorso a integratori metabolici, come il coenzima Q, la riboflavina, la carnitina, la tiamina, nonché a farmaci antiossidanti e altre opzioni terapeutiche.
Negli ultimi anni, sono stati ottenuti risultati promettenti per alcune specifiche malattie mitocondriali, ad esempio l’uso del coenzima Q10 nei difetti di sintesi del coenzima Q, dell’ibedenone nella sindrome LHON e della riboflavina nel caso di difetti nel gene ACAD9. Attualmente, diverse molecole sono in fase di sperimentazione clinica e pre-clinica, tra cui l’EPI743, l’elamipretide e i deossiribonucleosidi.