I media sono inondati dalle foto dei cadaveri della strage alla stazione di Kramatorsk. Il bilancio è drammatico, del resto come in generale, i numeri di questa assurda guerra voluta da Vladmir Putin, il presidente della Russia assetato di sangue ucraino, un criminale di guerra per molti. Intanto impazza il dibattito, anche su social, dove tutti si sentono in diritto di pontificare ed ergersi a esperti di gopolitica, storia del Dombas, pronti a tutto pur di prendre le parti di Putin. Non chiedeteci il motivo, anche se è cosa nota che non da oggi i russi utilizzano i social network per i loro scopi.
Collaborazionisti, consapevoli e non. Complici morali del genocidio ucraino. Ah già… il Dombas, i russofoni, il battaglione Azov, la denazificazione.
Di nazisti oggi ne sono morti una cinquantina, tra qesti almeno quattro piccoli bambini. Eh sì, dopotutto anche Adolf Hitler è stato un bambino. Il ragionamento non fa una piega.
Strage alla stazione di Kramatorsk: chi ha sparato il missile?
Chi ha sparato il missile che ha provocato la strage alla stazione di Kramatorsk? La Russia… è la risposta più ovvia, sensata. Tuttavia propio i russi affermano che quel missile è ucraino.
Del resto si sa, l’esercito di Vladimir Putin ha messo i fiori nei suoi cannoni. In questa guerra ne abbiamo sentite di tutti i colori e sarà ancora così a lungo. Progadanda!
Intanto Ursula von der Leyen si è detta inorridita per quanto accaduto Kramastorsk. In un tweet il presidente della Commssone Europea ha scritto:
L’attacco missilistico di questa mattina contro una stazione ferroviaria utilizzata per l’evacuazione dei civili in Ucraina è spregevole. Sono inorridita dalla perdita di vite umane e porrò personalmente le mie condoglianze al presidente Zelensky. Il mio pensiero va alle famiglie delle vittime.
C’è una foto che a nostro avviso più di altre, merita di essere il simbolo della follia umana, anzi, della follia di Putin. È l’immagine di un cagnolino avvolto in un’asciugamano.
È ricoperto di sangue. Nei suoi occhi si vede paura, tristezza. Un po’ come quella che si può vedere nello sguardo di tanti bambini ucraini che quando non muoiono, restano orfani. Nella migliore delle ipotesi, sono profughi. Poveri cuccioli.